RIFLESSIONI SULLO STATO DELL’AVVOCATURA

73_cral-giustiziaFPNon vi è e non vi potrà essere una rivalutazione costituzionalmente orientata (art. 24 Cost.) della funzione primigenia dell’avvocato senza una revisione critica della c.d. «riforma forense» ed una ricostruzione attenta del principio di solidarietà fra tutti gli avvocati (piccoli e grandi). E’ necessario un limite all’ingresso dei giovani nel campo della giurisprudenza perché l’offerta è ridondante, mentre non è accettabile che la selezione debba avvenire su base censuaria o dei «successi» personali, soltanto dopo l’ingresso nella professione.

In nessun settore (magistratura, insegnamento, ecc.) si è mai fatto così. Questa impostazione abnorme è strumentalmente diretta a colpire la funzione stessa dell’avvocato (egli diventa un jolly buono a tutto fare, mal pagato ed umiliato) e, in ultima analisi, a colpire il patrimonio della classe media per mezzo delle attività «socialmente utili» mal pagate di chi è costretto a mantenersi intanto con i propri risparmi, pur possedendo importanti ed evolute competenze.

I cosiddetti «ricchi» sono così costretti a lavorare per poco o nulla per mantenere – se non altro – la propria dignità e porre a frutto i faticosi studi finanziati dalla propria famiglia e per conservare un ruolo decente nella società ad esclusivo beneficio di chi ne fruisce. Tutto ciò nuoce all’accesso dei cittadini alla giustizia (art. 24), ma rappresenta anche una lesione al principio di eguaglianza (art. 3) nei confronti di chi ha scelto di non militare all’interno delle strutture del potere costituito per poter difendere liberamente i diritti dei cittadini nelle aule giudiziarie.

Avv. Roberto Castellano

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